Nuninga per la cronaca, Cruijff per la storia. C’è un gioco di tempi sovrapposti nella partita che il 15 novembre 1964 racconta due storie, una che sul momento è poco più di una nota ma negli anni assurge a leggenda, l’altra che da notizia del giorno sbiadisce in un ricordo lontano. È la storia del primo gol di Johan Cruijff con la maglia dell’Ajax e quella del suo primo assist-man, Klaas Nuninga. Uniti da una giornata che si annunciava particolare per entrambi e tale in effetti è stata, anche se poi si sa che spesso la memoria fa le cose a metà e c’è sempre qualcosa che resta indietro. Stavolta è rimasto indietro Nuninga, ma se anche glielo si facesse notare, è certo che non resterebbe male. È olandese, lui, l’individualità mica gli interessa.
Eppure in quella settimana di novembre che avrebbe portato l’Ajax alla trasferta di Groningen, Klaas non riusciva proprio a togliersi di dosso la sensazione che quella per lui fosse una partita speciale. La sua prima volta da avversario sul campo che lo aveva visto trasformarsi da ragazzo promettente a primo, costosissimo colpo di mercato del presidente Van Praag. Nel Rapiditas Groningen – antesignano del club di Arjen Robben – Nuninga aveva passato tre anni decisivi fra il 1961 e il 1964, chiusi con 36 gol in 88 partite, la convocazione in nazionale e il corteggiamento serrato dell’Ajax, che nell’estate ’64 mette sul piatto la bellezza di 2500 fiorini per strapparlo al Nord e portarlo ad Amsterdam, dove c’è da celebrare la rentrée di Vic Buckingham, tornato in panchina per un secondo mandato dopo la parentesi inglese alla guida dello Sheffield Wednesday. Per lui Van Praag vuole allestire una squadra ambiziosa, che ai giocatori cresciuti al De Meer aggiunga il più forte in circolazione. Nuninga, appunto, che è nato il 7 novembre 1940 – ventitreesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre – e nel Rapiditas è cresciuto giocando con l’eroe tragico del calcio olandese, il portiere Tonny van Leeuwen, e con Martin Koeman, padre di Ronald, che poi avrebbe fatto la fortuna del calcio totale di seconda generazione. Il suo idolo da ragazzino, però, era Tonnie van der Linden, funambolico attaccante del DOS (l’attuale Utrecht), passato alla storia per aver portato nella città di Van Basten il primo titolo della sua storia nel 1958 segnando il gol decisivo nel playoff contro l’Entschede: nell’istante in cui sparisce sotto l’abbraccio dei compagni di squadra a fine gara, ecco che riappare alle spalle dei tifosi che avevano invaso il campo, suscitando sgomento fra i giornalisti presenti, che mettono in risalto l’inquietante episodio nella cronaca della partita. È forse nella speranza di emulare magie come questa, che Nuninga comincia giocare a calcio nella squadra della sua città, Winschoten, dove incontra, fra gli altri, Arie Haan e Jan Mulder, futuri compagni all’Ajax.
Quando arriva ad Amsterdam, oltre a una tifoseria che ha gridato allo scandalo per la cifra che è costato, deve affrontare un brusco risveglio, perché dopo aver vinto la prima di campionato in casa, l’Ajax infila sei sconfitte in un mese e mezzo e si ritrova pericolosamente vicino all’ultimo posto in classifica. Così, quando a metà novembre c’è da andare a giocare sul campo del suo Groningen, la pressione è alta. La squadra di Vic Buckingham viene da un incoraggiante 2-2 interno contro il DOS dell’idolo Van der Linden, esile raggio di sole in un autunno costellato di sconfitte, incluso un brutto 1-4 al De Meer per mano dell’Heracles. L’unica vittoria degli ultimi quaranta giorni è stata un’amichevole in casa dell’Helmondia ’55, in cui Buckingham aveva fatto qualche esperimento e ne aveva approfittato per buttare dentro questo diciassettenne che al De Meer dava del tu a tutti, Johan Cruijff, l’unico della squadra giovanile cui l’Ajax avesse già fatto firmare un contratto. Il ragazzino gioca 45’, per Buckingham può bastare. Passano due settimane e la squadra continua a fare fatica. Cruijff continua ad allenarsi con i grandi e capisce che nell’aria qualcosa si prepara. Il 14 novembre 1964, sul treno che porta l’Ajax a Groningen, sono in due a non trovare pace: Cruijff che sospira per il possibile esordio e Klaas Nuninga, che per la prima volta userà lo spogliatoio ospiti dello stadio che è stato il suo. il nervosismo è palpabile, i giocatori faticano a stare seduti, vanno a mangiare una bistecca nel vagone ristorante, poi tornano ai loro posti. Cruijff fa avanti e indietro per il corridoio, non smette di chiacchierare con i compagni: «Era chiaramente il suo modo di stemperare la tensione – ha detto Nuninga, che quella giornata se la ricorda come fosse ieri – Johan quel giorno è stato molto coraggioso».
I 17.500 spettatori dell’Oosterpark guardano in campo e vedono il loro Nuninga con quell’altra maglia. Lo vedono andare sotto di tre gol insieme all’Ajax, così impara ad abbandonarli. Lo vedono anche – è il minuto 87 – liberarsi sulla trequarti di sinistra e mettere un bel pallone dentro l’area, dove però non c’è nessuno. O almeno, non c’era l’ultima volta che hanno guardato. Perché invece quando la palla arriva in area, trova questo numero otto magrissimo sbucato dal nulla, che senza perdere tempo a controllare il pallone, lo scaraventa in rete. È il 15 novembre 1964 e questo è il primo dei 204 gol di Johan Cruijff con la maglia dell’Ajax. Klaas Nuninga se lo immaginava, ma non poteva essere del tutto certo che il suo fosse l’assist che avrebbe determinato un prima e un dopo nella storia del calcio: da quel giorno a Groningen, Cruijff non esce più di squadra. Anzi, solo una settimana più tardi Buckingham lo schiera titolare al De Meer nell’accesa sfida contro il PSV. L’Ajax vince 5-0, lui segna ancora – ancora con assist di Nuninga, che firma anche una doppietta -, Amsterdam si innamora.
L’ingresso del giovanissimo Johan, però, non riesce a cambiare le sorti della stagione e nemmeno quella di Vic Buckingham, che a gennaio abbandona la panchina e viene sostituito da Rinus Michels. Il nuovo tecnico ha modi spicci e le idee molto chiare: sventata la retrocessione – l’Ajax chiude al tredicesimo posto -, comincia a lavorare con pazienza e abnegazione totale, costruendo la squadra un giocatore alla volta, pescando dalle giovanili, ma con qualche sconfinamento all’estero. Nuninga è uno dei suoi punti fermi, ed è proprio con Michels che Klaas sviluppa il pensiero tipicamente olandese della priorità della collettività sull’individualità, che lo accompagna ancora oggi che ha il golf come prima attività: «Mi sembra ancora di sentire la voce di Michels, “pensa al collettivo!” Ma aveva ragione: come si fa a essere orgogliosi della propria prestazione se la squadra perde?»
Nessun rancore per l’allenatore che dopo la finale di Coppa Campioni persa nel 1969 contro il Milan lo aveva gentilmente messo alla porta, colpevole com’era di non aver retto l’urto del centrocampo rossonero. Nuninga gioca ancora quattro stagioni nel Door Wilskracht Sterk, per poi lasciare il calcio nel 1972, a 32 anni. All’Ajax, però, non lo avevano dimenticato: entra a far parte del Consiglio direttivo e vi resta fino al 2005, quando lascia per divergenze di opinioni con l’allora presidente John Jaakke. Oggi vive nella sua città, dove è diventato un giocatore di golf di buon livello, nonostante un’interpretazione del gioco molto particolare: «Mi danno del matto, ma io penso sempre prima al collettivo e quando partecipo ai tornei, preferisco che sia la squadra a vincere. Per me è sempre stato così. Non si può vivere senza l’altro». E allora forse è qui che le due storie del 15 novembre 1964 si toccano, perché di gol Nuninga ne ha fatti tanti, ma nessuno ha aiutato il mondo più di quel primo assist a Cruijff. Aveva ragione, Klaas. Era la sua partita speciale.