L’esordio con gol giù al Nord, quello se lo ricordano tutti. Il 15 novembre 1964 Johan Cruijff gioca la prima partita ufficiale con la maglia dell’Ajax e da quel giorno nel mondo – quello del calcio, ma non solo – niente sarà più come prima. Ma com’era esattamente prima? E se è storica la data del primo giorno del nuovo mondo, non lo è altrettanto quella dell’ultimo del vecchio? L’ultima volta del mondo senza Cruijff. Senza numeri 14 nella formazione titolare, senza l’idea che anche per difendersi bisogna attaccare, con rarissimi tocchi d’esterno e molte meno parole. L’8 novembre 1964 l’Ajax gioca la sua ultima partita ufficiale senza Cruijff, meglio, la sua ultima partita ufficiale prima di Cruijff. E si sente che qualcosa sta per succedere.
In parte perché in realtà qualcosa è già successo: quindici giorni prima, il 24 ottobre, l’allenatore Vic Buckingham approfitta della sosta del campionato per verificare in amichevole che le ipotesi formulate in allenamento siano esatte. Così porta l’Ajax a Helmond, cittadina a una manciata di chilometri da Eindhoven, nella speranza che almeno contro l’Helmondia 55 i suoi tornino a sentire il gusto della vittoria, visto che in campionato sono a digiuno da un mese. Non era questo il rientro che si aspettava Buckingham, tornato a guidare l’Ajax nell’estate del 1964 dopo il biennio d’oro 1959-’61, con la bacheca del De Meer arricchita del decimo titolo in Eredivisie e di una Coppa d’Olanda. Da allora l’Ajax ha cambiato un allenatore all’anno e il miglior risultato è stato il secondo posto ottenuto nel 1962 dall’austriaco Joseph Gruber. La squadra che ha ritrovato vive una fase di transizione, ma stenta quando non può aggrapparsi alle sue stelle: la bandiera Swart, il nazionale Bennie Muller e soprattutto l’astro nascente Piet Keizer. Proprio l’assenza del gigante venuto dall’Amstel, fuori causa per un grave infortunio dalla primavera precedente, ha determinato un problema in attacco di cui Buckingham non è ancora riuscito a venire a capo. Con Petersen, Nuninga e qualche incursione aerea del giovanissimo Wim Suurbier i gol arrivano lo stesso, solo che l’Ajax ne prende sistematicamente almeno uno in più di quelli che fa. Da quando non c’è Keizer, capace di strappi che accelerano improvvisamente la manovra, il gioco dell’Ajax è diventato prevedibile e gli avversari se ne sono accorti, al punto che nelle prima nove giornate sono arrivate appena due vittorie.
La soluzione, pensa Buckingham, è cercare qualcosa di nuovo. Per farlo non c’è bisogno di chiedere rinforzi al presidente, basta affacciarsi sui campi delle giovanili, che già il vecchio Jack Reynolds aveva voluto adiacenti a quelli della prima squadra. Da lì sono arrivati Keizer e Suurbier, lì ogni giorno i ragazzi si danno da fare per ore in accuratissime sessioni di tecnica individuale sotto la guida di Jany van der Veen, che dopo essere stato allenato da Reynolds e aver visto debuttare Rinus Michels, nel 1948 aveva messo la sua vita al servizio della formazione dei giovani. Era stato lui a notare, nel 1959, che il ragazzino che ogni tanto veniva al De Meer a consegnare cassette di frutta, quando giocava a pallone per la strada era talmente bravo che i passanti si fermavano ad ammirarlo. Johan Cruijff, naturalmente, che per tutta la vita ringrazierà il maestro Van der Veen per gli interminabili esercizi di tecnica – tiro, colpo di testa, dribbling, passaggio e controllo –, grazie ai quali non impara a controllare il pallone con un solo tocco – non aveva bisogno che qualcuno glielo insegnasse per farlo -, piuttosto quanto sia importante la padronanza di questo fondamentale che, a prescindere dalle doti innate, può e deve essere insegnato. Per intendersi, Cruijff considera Van der Veen e Michels gli allenatori più importanti della sua carriera perché hanno influito su di lui in egual misura, l’uno per la tecnica e l’altro per la tattica.
Buckingham si fida molto di Van der Veen e diverse volte ha visto Cruijff giocare nella squadra A1. Lo conosce anche fuori dal campo: Nel, la madre di Johan, fa le pulizie a casa Buckingham e spesso porta con sé il figlio, che fa subito amicizia con i figli del suo futuro allenatore ed è così che impara l’inglese. Nell’autunno del 1964 il diciassettenne Cruijff ha raccolto una manciata di allenamenti con la prima squadra e sa di essere il principale candidato all’esordio fra i ragazzi dell’A1, eppure non è ancora mai andato neanche in panchina. Fino al 24 ottobre, quando Buckingham lo inserisce nella lista dei convocati per l’amichevole di Helmond. L’idea che il ragazzo possa aiutarlo a risolvere il rebus dell’abulia dell’Ajax gli è venuta in allenamento, ora non resta che verificarla in partita.
Conoscendo il mondo dopo di lui, la prima apparizione di Cruijff in un confronto con i grandi dovrebbe finire tanto a poco per l’Ajax, con il piccolo Johan che incanta perfino gli avversari, segna tre gol e da quel momento in poi non esce più di squadra. Invece la sua partita con l’Helmondia dura 45 minuti, i primi, poi Buckingham lo lascia nello spogliatoio e lo sostituisce con Swart. Non è di Cruijff la doppietta che ribalta lo svantaggio inziale e manda le squadre al riposo sul 2-1, bensì di Karel Vesters, che solo pochi mesi più tardi chiuderà la carriera ad appena 24 anni. Senza Cruijff, l’Ajax incassa il 2-2 e a Buckingham non resta che constatare come il suo Ajax al momento non riesca a vincere neanche le amichevoli. Quanto a Cruijff, non si può dire che torni a casa arrabbiato: di solito quando giochi una partita di prova e ti sostituiscono nell’intervallo è perché hanno visto abbastanza e gli è piaciuto. Da questo momento in poi per Johan è solo questione di tempo.
Al rientro dalla sosta, qualcuno in squadra si chiede se l’esperimento di Helmond sarà subito riproposto nella sfida interna con il Telstar, in cui oltre a Keizer è fuori per infortunio anche Nuninga. Buckingham, però, mischia le carte e schiera l’esperto Soetekouw insieme ai soliti Tijm, Vesters, Swart e Petersen. Idea infelice, perché in cinque non fanno un gol e l’Ajax perde malamente 2-0. Passa un’altra settimana di allenamenti in cui Cruijff sta più con Buckingham che con Van der Veen. C’è da preparare la trasferta di Utrecht in casa del DOS, l’Ajax non vince in campionato da un mese e mezzo e il fondo della classifica è spaventosamente vicino. Qualcosa sta per succedere, ma non ancora.
Johan rimane a casa anche questa volta, mentre nella città dei cigni (e di Van Basten) la squadra scende in campo con gli stessi undici di una settimana prima. Alla fine del primo tempo, non sembra essere cambiato molto, con il DOS avanti 1-0. Nella ripresa segnano Petersen e Muller, ma come a Helmond non si va oltre il 2-2. Qui in un certo senso il mondo finisce. Chi era allo stadio a Utrecht può dire di essere stato testimone della fine del mondo – tanto quanto chi sarà a Groningen una settimana più tardi potrà affermare di averne visto nascere uno nuovo. Alla ripresa degli allenamenti, Buckingham riconsidera tutto ancora una volta: Keizer ne avrà ancora per qualche settimana, bisogna resistere e inventarsi qualcosa. Cruijff sia, e pazienza se è ancora lontano dal compiere diciotto anni. La settimana della creazione può cominciare. Il mondo con Cruijff sarà diretto, arancione, a volte incompreso, spesso invidiato e imitato (anche dalla stessa persona contemporaneamente). Sarà più bello.