Uno. Niente pubblico, niente pressing. Secondo una statistica di Statsbomb, in Europa la pressione sul portatore di palla si è allentata sensibilmente da un anno a questa parte. Il campionato in cui il numero delle situazioni di pressing è sceso maggiormente è la Premier League (-22%). Eppure il totale di chilometri percorsi a partita è in linea con lo scorso campionato. Si corre diversamente. Spiega René Maric, vice di Marco Rose: “Senza pubblico manca un fattore molto importante che spinge i giocatori nel gioco contro la palla e nelle situazioni di pressing.”
Due. Frenkie de Jong è un giocatore totale – no, questo lo sapevamo già. Frenkie de Jong sta dimostrando che la sua ricerca della telefoto-presagio funziona tanto quando si tratta di mettere un compagno davanti alla porta, quanto di anticipare un avversario con una diagonale difensiva in campo aperto.
Tre. Il Barcellona ha un numero 4 di nome Ronald, allenato da un (già) numero 4 di nome Ronald. Suggestivo.
Quattro. Constatazione differita: nel campionato di Segunda División 2019/2020 giocavano, rispettivamente nell’Elche e nel Las Palmas, Gonzalo Villar e Pedri. Non male.
Cinque. Hansi Flick al Bayern Monaco rispolvera le vangaaliane gabbie di pressing – e vince la Champions League. L’eredità lasciata da Louis nella Säbener Straße è di respiro più lungo di quanto si possa immaginare.
Sei. Paolo Rossi era un ragazzo come noi. E lo sarà per sempre.
Sette. Il Napoli di Gattuso gioca come il Parma di D’Aversa, tutti dietro la palla e se capita la buttiamo avanti e vediamo che succede. Esterni d’attacco che si dispongono a ricevere palla dando le spalle alla porta. Il Milan di Pioli, Ibra a parte, è squadra senza qualità, li si vede andare in tre sulla palla, riconquistarla e poi sprecare tutto con un passaggio in ritardo perché non alzano la testa dai propri piedi. L’Atalanta di Gasperini continua a mandare il Palomino di turno a seguire il centravanti avversario anche in bagno. L’Inter di Conte è tutta nervi e Lukaku. La Juventus di Pirlo viene lodata quando fa le barricate. Ma quando le squadre italiane sono fuori dalle Coppe, è perché in Italia “gli allenatori sono più bravi a difendere”.
Otto. Alla fine si è dovuto arrendere pure Simeone. Sebbene con qualche difficoltà, adesso il suo Atlético mette in fila tre passaggi di seguito.
Nove. Se Mikel Arteta sta diventando un bravo allenatore, il merito è anche dell’Arsenal che lo sta lasciando lavorare nonostante i risultati altalenanti.
Dieci. La lingua italiana non ha un termine che designi ciascuno dei componenti di una linea difensiva a tre.
Undici. Un anno e mezzo dopo il ritiro di Daniele De Rossi, forse possiamo salutare la ricomparsa di un giocatore di quel tipo, un tempo tanto diffuso. Si chiama Scott McTominay, viene da York ma è scozzese e ha l’equipaggiamento completo, contrasto, colpo di testa, tiro da lontano, visione di gioco. Se il Manchester United si trova dove si trova, è perché ce lo sta tenendo lui.
Dodici. Se alla fine gli Europei si giocheranno, sarà bene fare attenzione a Scozia e Austria – e non solo per le suggestioni che evocano.
Tredici. Di Ryan Gravenberch si dicevano due anni fa, quando esordì nell’Ajax appena diciassettenne, cose che non corrispondevano al giocatore che era in quel momento, se non in potenza. Ora che quel giocatore è passato all’atto, ha effettivamente confermato tutto. Merito anche di Erik ten Hag, che ha insistito a lasciarlo in campo sempre.
Quattordici. Alla periferia di Roma sono tornati i tulipani, e sono tutti per Cruijff, che continua a mancare e ispirare nella stessa misura. Perché, come ha scritto Voetbal International sulla copertina del numero speciale dedicato a Johan, “le sue idee sono più vive che mai”.