In traduzione l’articolo di Jean-Jacques Bozonnet, pubblicato su Le Monde il 24 febbraio 2009.
Se da gennaio il centro di gravità del Barcellona si è spostato in periferia, a Sant Joan Despi, in un immenso complesso sportivo ultramoderno, il gioiello del club blaugrana è rimasto in città, all’ombra del Camp Nou.
È lì, in un austero palazzo del XVIII secolo, a malapena animato da qualche palma, che lo spirito “Barça” si rigenera continuamente. L’argentino Lionel Messi, arrivato in Catalogna all’età di 13 anni, qui ha vissuto tutta la sua adolescenza. Come i suoi coinquilini Victor Valdès, Xavi Hernandez, Carles Puyol, Gerard Piqué, Sergi Busquets, Bojan Krkic e altri.
Malgrado l’assenza di Andrès Iniesta, infortunato, una buona metà dei giocatori che martedì 24 febbraio calcheranno il prato dello stadio de Gerland per l’andata degli ottavi di finale di Champions League contro l’Olympique Lione, è passata per la Masia, questa fattoria acquistata negli anni ’50 insieme al terreno circostante. Prima sede del club, l’edificio è dal 1979 la residenza dei giovani germogli del Barcellona, che qui vivono un internato scolastico e sportivo.
Il centro di formazione è la vera star del club. Di categoria in categoria, qui si trasmette quel calcio di possesso che è un marchio di fabbrica, in particolare dal “dream team” di Johan Cruyff negli anni ’90. L’olandese è stato il primo a realizzare il cocktail vincente fra giovani provenienti dalla Masia e internazionali affermati. La squadra vincitrice della prima Coppa Campioni, nel 1992, aveva come direttore d’orchestra un giovane centrocampista formato nel club, Josep Guardiola, attuale allenatore blaugrana.
Il suo assistente, Tito Vilanova, è anche lui un antico pensionante della Masia. I due si sono conosciuti lì. Si sono ritrovati l’anno scorso per guidare la squadra B dopo due percorsi molto differenti, ma sempre con la stessa concezione del gioco. Quella che è stato loro inculcata dall’età di 15 anni. Quella che ancora insiste sulla nuova generazione. «Qui, tutte le squadre, quale che sia la categoria d’età, lavorano con la stessa idea: come posizionarsi sul campo per difendere sempre il pallone – spiega Tito Vilanova – L ‘obiettivo è di provare sempre a partire da dietro con il pallone e con l’idea di mantenerlo».
Questa filosofia, che la squadra in questa stagione applica con risultati eccezionali, costituisce il DNA del Barça. Sono le star reclutate a peso d’oro che devono fare lo sforzo di adattarsi, non i giocatori formati sul posto: «Fin da giovani hanno un modo di giocare e comprendere il calcio che rende il loro inserimento nella prima squadra più facile», riassume l’allenatore in seconda.
Bojan Krkic, 18 anni, è l’esempio più recente di un’integrazione riuscita. Questo catalano è diventato il più giovane giocatore del Barça in Champions con il suo debutto contro il Lione il 19 settembre 2007. «Quelli che arrivano dalla squadra B sono accolti con molto affetto e gentilezza, perché sono di casa, della famiglia», ricorda lui.
Il ragazzo è timido e non precisa che il suo talento ha giocato un ruolo più importante di ogni altra considerazione. Più giovane marcatore della Liga a 17 anni e 53 giorni, poi più giovane selezionato in nazionale (contro la Francia) a 17 anni e mezzo, Bojan batte record di precocità. Alla Masia non si sorprende nessuno, dal momento che in 7 anni di apprendimento il ragazzo ha segnato 898 gol, una valanga di 128 a stagione. Che cosa ha imparato alla scuola blaugrana? «A difendere i colori», risponde fieramente senza soffermarsi sull’aspetto tecnico-tattico.
Scoperto nel suo villaggio nei pressi di Lérida, il giovane prodigio rende atto della qualità del reclutamento effettuato dagli osservatori del Barcellona, un battaglione costantemente attento ai margini dei campi di Catalogna, Spagna e all’estero. «Succede che delle squadre professionistiche giochino con 4 o 5 elementi formati nel club, ma 8 per volta in campo come noi in questa stagione è raro – sorride Tito Vilanova – Ed è ancora più raro che siano tutti di livello mondiale».
Oltre che formati per un certo tipo di gioco, «loro hanno una buona capacità di adattamento nelle altre squadre, come Cesc Fabregas (che gioca nell’Arsenal, a Londra, ndr), perché sono tutti giocatori tecnici, che hanno una buona intelligenza di gioco», sottolinea l’allenatore. Secondo uno studio sul valore dei giovani giocatori europei realizzato dall’università di Navarra, la cantera del Barça (l’insieme dei giocatori provenienti dal centro di formazione) varrebbe 187 milioni di euro sul mercato, contro gli 81 milioni per quella del Real Madrid. L’idea di un trasferimento non sfiora nemmeno Bojan Krkic: «Sono sempre stato qui e spero di restarci a lungo, è il club migliore del mondo».