Ha vinto cambiando ruolo ai giocatori come Michels, come Cruijff se n’è andato sbattendo la porta dopo un litigio con il presidente, ha chiuso un campionato senza neanche una sconfitta come Van Gaal. Ha fatto tutto questo, Jack Reynolds, ma molto prima dei suoi più celebri successori. Ha amato l’Ajax come forse nessuno – come forse soltanto uno straniero poteva – e l’Ajax ha amato lui sempre, come si ama chi ti ha fatto diventare quello che sei. Nemmeno quattro anni in un manicomio nazista sono riusciti a impedirgli di finire il trentennale lavoro di costruzione di quello che altri – Michels, Cruijff, Van Gaal – avrebbero insegnato al mondo. Senza di lui, forse il calcio totale avrebbe dovuto trovare un’altra strada e probabilmente non sarebbe passato per Amsterdam.
E dire che a portarlo in Olanda era stata una gigantesca delusione. L’avventura di Jack Reynolds era cominciata a Manchester, dove era nato nel 1881 e dove, nel 1902, non era andato oltre la squadra riserve del City. Dieci anni da girovago per le Midlands, poi la voglia di mettersi ad allenare e un viaggio in Europa, negli anni in cui erano tanti gli inglesi che attraversavano la Manica per dedicarsi all’evangelizzazione calcistica del continente, dove magari potevano permettersi qualche deviazione dal solito kick and rush. Reynolds arriva in Svizzera nel 1912, e anche questa volta è il primo: bisognerà aspettare 12 anni perché il triumvirato anglo-ungherese formato da Jimmy Hogan, Teddy Duckworth e Izidor Kürschner porti le squadre svizzere nel salotto del calcio europeo e la nazionale alla finale olimpica di Parigi, dove sarà battuta dalla sola Ungheria. Reynolds apre la strada dalla panchina del San Gallo, dove sono in tanti ad accorgersi che questo giovane inglese inseparabile dalla sua bombetta ci sa fare. Fra i perspicaci ci sono i tedeschi, che gli offrono l’opportunità di preparare la loro nazionale per i Giochi Olimpici in programma a Berlino nel 1916. Certe occasioni non si possono perdere, pensa Jack, che è pronto a mettersi al lavoro, quando la Prima Guerra Mondiale lo lascia «all dressed up with nowhere to go», e lo costringe, inglese sul suolo del Reich, a riparare nella neutrale Olanda.
In compenso, Amsterdam lo accoglie con un colpo di fortuna, perché la guerra ha costretto Jack Kirwan a tornare a Londra e lasciare vuota la panchina dell’Ajax, con la squadra che galleggia nella seconda serie del campionato olandese, reduce dalla prima e unica retrocessione della sua storia. Reynolds non se lo fa ripetere due volte. Nel 1917 vince la Coppa di Lega, subito dopo riporta la squadra in Prima Classe e già al primo tentativo vince il campionato. Merito dei suoi metodi di allenamento innovativi per l’epoca, che prevedono una preparazione atletica oltre che tattica, e di una squadra che può contare sul talento purissimo quanto lunatico di Jan de Natris, il miglior giocatore della sua generazione, oltre che idolo dei tifosi. Vincono il primo titolo della storia dell’Ajax, nonostante De Natris non giochi la partita decisiva, il playoff di Tilburg contro il Willem II. Ufficialmente Jan ha perso il treno, qualcuno dice che l’abbia fatto apposta, di certo viene multato per aver abbandonato la squadra sul più bello, anche se lui – ex bambino lavoratore, che vive come una rivincita l’ingresso nella squadra della borghesia colta – quei cento fiorini non li ha mai pagati.
Nella stagione successiva la squadra di Reynolds bissa il successo in campionato, chiudendo la stagione imbattuta, impresa che sarebbe riuscita solo a un altro Ajax, quello di Van Gaal nell’anno di grazia 1994/95. Anche questa volta, l’allenatore inglese deve fare a meno di De Natris nelle fasi finali, visto che la sua stella ha rimediato una squalifica di sei mesi per aver fatto a botte in campo.
Sono gli anni del Gouden Ploeg, il golden team che fa scrivere a tanti osservatori quanto l’Ajax di Reynolds assomigli alle migliori squadre inglesi. Sono anche gli anni in cui Jack si dedica all’organizzazione di un efficiente complesso di squadre giovanili (che negli anni diventerà De Toekomst, il futuro), che ai ragazzi insegnino la stessa idea di gioco, indipendentemente dall’età – e anche questo sarà uno dei capisaldi di Cruijff, tanto all’Ajax quanto al Barcellona. E poi c’è sempre De Natris, che avrà pure le sue lune storte – certe volte lo si vede stare semplicemente fermo a guardare la partita – ma quando decide di mettersi a giocare, è capace di capire all’istante la situazione intorno a lui, controllare il pallone e farci quello che gli pare, che sia un assist, un dribbling o un tiro da fuori. La luna di miele dura fino al 1925, quando sia Jan sia Reynolds se ne vanno sbattendo la porta: De Natris perché pretende di essere pagato per fare il calciatore, Sijek (come ormai lo chiamano tutti ad Amsterdam) perché litiga furiosamente con il presidente e per ripicca si fa ingaggiare dai rivali cittadini del Blauw Wit, una mossa che sembra anticipare di cinquant’anni il clamoroso secondo addio di Cruijff, che sceglie il Feyenoord per chiudere la carriera da calciatore.
Dopo tre anni le acque si calmano. Reynolds ha voglia di tornare, l’Ajax ha voglia di lui, nonostante l’interregno inglese con Bob Smith e soprattutto Sid Castle abbia prodotto 2 titoli regionali. Nel 1928 torna a casa anche De Natris, che però a 33 anni è l’ombra del genio sregolato di una volta. Il primo anno dopo il rientro è un disastro: dopo 5 giornate l’Ajax ha raccolto un solo punto e giace sul fondo della classifica. Lo zio Jack deve inventarsi qualcosa e approfitta di una sosta eccezionale per via dell’inverno prolungato (si torna a giocare solo a marzo) per stravolgere la squadra cambiando ruolo a metà dei suoi giocatori. Funziona, si salvano.
L’Ajax vince altri cinque campionati in nove stagioni, segnando una valanga di gol grazie alla premiata ditta Strijbosch-Van Reenen, che nella finale playoff del 1931 contro il VUC Den Haag partecipano, rispettivamente con 7 e 5 gol, al 17-0 che è tutt’ora la vittoria più larga della storia del club. D’altra parte, i meccanismi di squadra sono talmente rodati che l’Ajax riesce a vincere anche senza il suo allenatore in panchina. Succede nel 1934, quando la classifica rende necessario un doppio turno di playoff e l’Ajax, dopo aver vinto la prima partita, sa che basterebbe un pareggio nella finale contro il KFC Alkmaar per essere ancora campione. Solo che quando si gioca lo scontro decisivo, Reynolds non c’è: è in vacanza in Inghilterra. E si direbbe che la sua assenza si senta, visto che alla fine del primo tempo l’Ajax è sotto 2-0. A evitare il disastro ci pensano Bloembliet e il solito Van Reenen, che all’89’ segna il gol che vale 2-2 e titolo.
Un ultimo trionfo nella primavera del 1939, poi le notizie che arrivano dalla Polonia si fanno ogni giorno più preoccupanti. L’invasione dell’Olanda è questione di mesi e per la seconda volta Reynolds paga il suo essere inglese: arrestato e internato nel campo di prigionia di Schoorl, sul Mare del Nord, all’inizio del ’41 Jack viene deportato a Tost, in Alta Slesia, in quello che più che un campo di lavoro è un manicomio. Per non impazzire, a Reynolds non resta che il calcio: si mette a organizzare partite fra i prigionieri stranieri, lavora per mettere in piedi un campo di cricket e soprattutto intrattiene una fittissima corrispondenza con Amsterdam. Nel continuo flusso di lettere con gli amici rimasti all’Ajax, si sforza di rassicurare tutti sulle proprie condizioni e allo stesso tempo invia consigli alla squadra curando una rubrica per la rivista ufficiale del club, intitolata appunto “Technical Tips”. Il calcio riesce a tenerlo in vita. Anche perché nel 1944, l’avanzata dell’Armata Rossa costringe i nazisti a trasferire gli internati in Francia, dove Reynolds riesce a essere inserito in uno scambio di prigionieri di guerra e a fare finalmente ritorno a Manchester poco prima di Natale. Va molto peggio a uno dei suoi ragazzi, Eddy Hamel, ebreo newyorkese amatissimo dai tifosi, che nei primi anni Venti univa le sue magie a quelle di De Natris: catturato ad Amsterdam, viene assassinato ad Auschwitz nel 1943.
La guerra è finita solo da qualche mese, nell’autunno del ‘45, ma Sijek non può più aspettare. Ci sono centinaia di persone ad accogliere la sua nave ad Amsterdam, dove a un certo punto si era addirittura sparsa la voce che fosse morto. Tanto per mettere in fuga i dubbi, il sessantacinquenne Reynolds si presenta nella sede dell’Ajax e promette ai dirigenti «una squadra come non si era mai vista». Manterrà la promessa, vincendo un ultimo campionato nel 1947, anche grazie ai gol del suo centravanti, tale Rinus Michels, che una ventina d’anni dopo dimostrerà di aver imparato la lezione di chi aveva capito come si fa il calcio totale. Prima di lui. Prima di tutti.